domenica 28 settembre 2008

La serata più bella della mia vita.

Cari abitanti dello stivale del vecchio continente notizie dal Far West! Volevo scusarmi per prima cosa perchè l'ultimo post risale ad 11 giorni fa, ma l'ultima settimana di assestamenti è stata abbastanza caotica, piena di impegni, ma spesso anche di nuovi spunti. Ad ogni modo cercherò d'ora in avanti di essere più costante.

Come i più attenti di voi avranno certamente notato il titolo finisce con un punto. Questo singolare simbolo che spesso viene maltrattato nell'uso della punteggiatura può voler dire molte cose. Ora, per esempio indica una certa serietà, ovvero, non scherzo assolutamente quando dico che il 20 settembre 2008 è stata una serata che per molti versi è stata magica, stupefacente, rivoluzionaria è più di tutto esaltante. Torniamo indietro di qualche ora.

Sapete per quanto vivere all'estero possa sembrare (e per molte cose lo è) una cosa bellissima, spesso dietro gli angoli si nascondono mostri cattivi. La solitudine è uno di questi. Il mio attacamento alla vita di tutti i giorni e alle persone con cui vivevo hanno inevitabilmente creato dei vuoti non indifferenti e il sale in questo caso non basta a ricucire la ferita. Ecco che quindi la solitudine, strano ossimoro, ti fa compagnia. Il punto è che la solitudine è il classico compagno che non inviti mai alle feste, ma certe volte si presenta lo stesso; è la zizzania che cresce tra le messi; è insomma una gran rottura di scatole, qualcosa con il quale bisogna fare i conti uno contro uno, faccia a faccia.

Spinto da tutto ciò e da un curioso reminder spuntato sul mio cellulare con scritto "Tom Freund" decisi quella sera di uscire da solo a vedere un concerto. Per i non addetti ai lavori Tom Freund è un artista californiano che propone un rock orecchiabile, frizzantino, carico di senso e spesso acustico. Una cosa alla Saimon insomma. Ho avuto la fortuna di ascoltarlo la prima volta live come apertura al concerto di Ben Harper a Villafranca Veronese qualche mese fa. Il caro Tom infatti è amico d'infazia del sig. Harper, il quale è al momento da me considerato geniale musicista, profeta, poeta e più di tutto compagno delle mie giornate. Il compagno desiderato però, sai quello che inviti per primo alle feste? Ecco. Mi sono detto "Perchè no?!" andiamo a sentire questo Tom Freund, magari mi aiuta.

Piccolo inciso. Il concerto è in un locale ad Hollywood. L'autobus questa volta è il numero 2 che circumnaviga la parte sud del campus e prosegue sulla Sunset Boulevard. Hollywood, Hollywood, Hollywood. Mecca del cinema. Curiosa storpiatura di "holy wood", bosco sacro. Ma di sacro non ha nulla. Il sabato sera di solito la gente va un'pò su di giri, il sabato sera ad Hollywood se la gente va su di giri vuol dire che è su una macchina, in tutte le altre situazioni impazzisce completamente. Il quartiere la sera non è dei migliori, luogo di sfogo e sfoggio, lusso materiale e miseria morale, apparenza al cubo contenuto spesso lasciato a casa volentieri. Sono a Los Angeles da quasi un mese e non ho ancora fatto il classico giro turistico sulla Walk of Fame, dove persone lasciano la loro firma sul pavimento dopo averlo fatto su una pellicola. Tanto meno lo feci quella sera.

Ad ogni modo con una mano che tappa il naso e una sul portafogli arrivai in questo locale, nel quale si può entrare solo dalla porta sul retro, Hotel cafè si chiama. Un simpatico normodotato di qualche quintale mi chiede la carta d'identità e forte dei miei 21 anni entro spavaldo. Tutto è in penombra, arredato con divanetti e mattoni faccia vista, alla mia destra subito un tavolo rialzato dove Tom Freund beve con alcuni amici aspettando che il gruppo che al momento occupa il minuscolo palco finisca. Alla mia sinistra invece il bancone del bar. "Una birra prego.." "6 dollari, grazie" "Li mortacci!".

Davanti al palco siamo in una 50 di anime stipate alla benemeglio, con il contrabbasso di Tom Freund siamo in 51. Compro delle patatine. Oddio inizia la canzone più bella "Comfortable in your arms", faccio il video. Ma chi è quel pistola che sale sul palchetto e siede di fianco a Tom. Ben Harper. Due patatine vanno di traverso, le mani inizano a sudare, l'emozione sale alla gola e stringe come la mano del manager fissa il nodo della sua cravatta, il cervello sa che deve iniziare a lavorare più del dovuto per immagazzinare istanti che dovranno essere indelebili per il resto della vita.



Mi dico subito, vuoi vedere se non riesco ad avvicinarlo alla fine del concerto per dirgli due parole? Ma che gli dico? Non riuscirò a parlare!! Bene da quel momento il mio compagno spirituale fu McGayver. Organizzazione, subito. Mano in tasca, foglietto! Banco del bar, penna! Cerco nel mio cuore, lettera di 10 righe per Ben! Fine del concerto. Il momento è arrivato. Avvicinarlo fu molto più semplice del dovuto, anzi sembrava che mi venisse incontro. Non ricordo proprio cosa gli dissi ne in che lingua in quei 73 secondi, ma so che il mio foglietto finì tra il suo pollice e il suo indice. Chissà se lo ha mai letto. Ma in fondo che importa?

Sapete certe volte mi fa ridere sentire parlare di caso, o di fortuna. Chiamiamola vita, senza tirare in ballo nomi di entità religiose. Sta cacchio di vita insomma certe volte se esci da solo con delle domande, ti dà delle risposte. E certe volte ti fa conoscere semplicemente il tuo idolo senza che te lo aspettassi. Il caso, mah. In fondo la realtà è fatta di possibilità che si concretizzano avendo la meglio su possibilità che non avranno mai il piacere di respirare aria vera, che rimarranno solo negli incubi o nei sogni di qualcuno. Alcune di queste hanno più probilità di verificarsi, alcune la certezza, alcune il contrario. Ma poi quando capita quella che meno ci si aspetta, la gente si diverte a chiamarla caso, culo o sfiga, sfortuna o fortuna a seconda della situazione. Ma in fondo non è altro che una possibilità come le altre. Una possibilità che diventa realta solo se c'è qualche sfigato che la persegue. Il culo fisicamente lo abbiamo tutti, metafisicamente lo ha solo chi lo insegue.


Io e Tom



Io e Ben



"What started as a whisper
Slowly turned into a scream
Searching for an answer
Where the question is unseen
I don't know where you came from
And I don't know where you've gone
Old friends become old strangers
Between the darkness and the dawn"


Ben Harper - Amen Omen - 2003


"Sittin' on my own
Chewin' on a bone
A thousand million
Miles from home
When Something hit me
Somewhere right between the eyes
Sleepin' on a plane
You know you can't complain
You took your last chance
Once again
I landed, stranded
Hardly even knew your name
I wanna talk tonight
Until the mornin' light
'Bout how you saved my life
You and me see how we are
You and me see how we are"


Oasis - Talk Tonight - 1998

mercoledì 17 settembre 2008

Quella volta di Downtown!

Come fai a sentirti negli Stati Uniti senza una bella scorpacciata di grattacieli? Ecco arrivato il momento di visitare Downtown, il centro città, nucleo finanziario, incontro di etnie, vespaio di quartieri di culture diverse che hanno quasi il sapore di ghetti velati, ma del tutto riconosciuti. Mi spiegherò meglio. Ora, l'autobus questa volta ha richiesto 50 minuti di pazienza per portarci a destinazione, ma l'arrivo è stato col botto. Subito torreggia sulle nostre teste il profilo di un paio di enormi grattacieli, che risultano poi essere i due più alti della città. I padroni quindi? Mah, può essere, sul campanello di uno dei due il nome US BANK (in realtà si legge meglio sulla enorme scritta che 'è sulla punta:-)). In ogni caso LA è famosa per l'estensione e non per lo skyline emozionante (vedi New York o Chicago) quindi tutto sommato il quartiere dei grattacieli non si estende per più di qualche via.


A mio giudizio questa parte della città ha da offrire qualcosa di più interessante. Infatti è proprio qua che si vive per davvero la nomea che da quando siamo arrivati spunta da ogni pulpito. LA è la città più eterogenea del mondo. Ora, che sia proprio "la più del mondo" è da vedere, ma di certo è davvero molto varia, soprattutto dei vicini non dichiarati ,ovvero gli asiatici ,e dei vicini dichiarati, ovvero messicani e centro americani in generale. Credetemi l'inglese in alcune zone è del tutto opzionale, lo spagnolo impera spesso e volentieri, tant'è che il rustico padovano torna d'attualità. È questo il caso di Grand Central Market, vero e proprio mercato confusionaro e caciaroso alla messicana dove i venditori di burrito, chiaramente parenti dei soldati che Zorro prendeva in giro con la zeta, cercano di accalappiarti. Ora ricordate il detto "Se non capisci quello che ti dicono continua a dire di sì finchè non smettono"? Ecco io gli ingredienti in spagnolo non li sò. Fu così che il mio burrito light conteneva: carne di vitello, riso, insalata, hot sauce, cipolla, fagioli, sudore del preparatore e tanto affetto messicano. Ho scoperto che l'atomica ce l'hanno pure i messicani, la nascondono nel Burrito.


Vorrei dedicare un piccolo paragrafo alla strada che esce da Downtown vera e propria e porta ai quartieri più storici. In questo breve tratto di strada due edifici hanno catturato la mia approvazione più degli altri. Il primo è il Walt Disney Music Hall, teatro e palco per messa in scena della musica che conta, classica, leggera, da camera ecc. Quella "seria" insomma. Fa parte di una serie di edifici dedicati tutti alla musica, ma di certo spicca per la sua forma eccentrica, futuristica, accattivante, che sembra sfidare il buon gusto, ma che alla fine invece lo cattura tutto. Giudicate voi.

Il secondo invece è una cattedrale. Non ero io se non andavo a chiese vero? Ecco il fatto è che la cattedrale Cattolico Romana Our Lady of the Angels è del 2002 ed è a Los Angeles. Risultato? Da fuori sembra il risultato di un frontale tra l'Ikea e il Seminario minore. Il tutto colorato di un simpatico marroncino e con immancabili palme fino all'ingresso. Ma in fondo perchè no? Siamo nella città del silicone, della finzione fatta arte, il cinema, perchè non osare pure nel sacro? Bè vi dirò mi è proprio piaciuta. Dentro rende onore all'esterno, fontane quasi zen e nelle fondamenta un labirinto di marmo bianco fatto di cellette identiche. Un mausoleo! Ma per chi? Sono quasi tutte vuote ma con una piccola scritta in altro che profuma di molti soldi spesi: "reserved". Ma chi avrà i soldi per farsi seppellire qua?! Leggo un'pò di nomi...Gregory Peck! Toh guarda le star di Hollywood. Ancora una volta a voi il giudizio.


Proseguendo poche centinaia di metri inizia quella che viene spacciata per la zona più storica. Oddio, gli americani si sa che per storia non brillano e quindi cosa possono proporti sul piatto? Bè se c'è una cosa che hanno secolarmente vissuto molto più di noi è l'immigrazione. Ed ecco il susseguirsi di una serie di zone che sorprendono. Quelli che sembrano ghetti organizzati sono in realtà zone di città in cui la lingua cambia, i negozi cambiano, le abitudini cambiano, l'etnia si unifica sempre più verso un tipo piuttosto che un altro. Chinatown, El Pueblo, Little Tokio e Koreatown. I cartelli si fanno bilingue a seconda della necessità, il cibo cambia, gli odori pure e sembra di aver preso un aereo diverso ogni 15 minuti.

Particolare diciamo. Le difficoltà non mancano certo. Camminando sento delle urla dall'altra parte della strada. Un afroamericano inveisce contro un asiatico a suo modo, altalena braccia e gambe, le parole sembrano rap, il tono è colorito così come il contenuto. L'asiatico a sua volta e a suo modo affronta la questione. Muto, labbra leggermente contratte, occhi se possibile ancora più sottili dietro ai piccoli occhiali, piedi pari e baricentro in avanti come se da un momento all'altro stesse per usare una tecnica segreta di qualche arte secolare. In mezzo un grasso bianco caucasico con una mano sul petto per fermare Asian Power. Il fratello nero continua a rappare offese. L'ultima che ho sentito era "You Asian Asshole!". Culture diverse, rinchiuse a gruppi di strade non vogliono dire integrazione. Disgregazione vuol dire scontro a volte. Scontro vuol dire che magari una volta Bruce Lee il calcio lo tira a 50 cent.


"Buffalo Soldier, Dreadlock Rasta:
There was a Buffalo Soldier in the heart of America,
Stolen from Africa, brought to America,
Fighting on arrival, fighting for survival. "
Bob Marley & the Wailers - Buffalo Soldier - 1983


domenica 14 settembre 2008

Day 3 - Santa Monica. How could I reach Woodstock '69? Venice beach, man!

Con 17 veloci minuti di autobus, il numero 720, si raggiunge il litorale del Pacifico: the City of Santa Monica! Città con amministrazione comunale separata da LA, questo per sottolineare che non mi trovo in una città vera e propria ma nell'unione di 20 città confinanti.
Spiaggia immensa e bianca famosa per essere stata set di Baywatch. Ora da quello che ho constatato io le torrette ci sono per davvero le tettone deve averle portate la produzione.
In ogni caso l'oceano, tanto più se il più grande del nostro caro globo terraqueo, ha sempre il suo fascino. L'acqua non è un granchè, anzi è molto fredda, ma le scarpe le tengo in mano e decido di andare fino a Venice Beach camminando sul bagnasciuga.

Ecco Santa Monica:

E il suo famoso luna park sul molo:


Ti accorgi di essere arrivato a Venice quando inizi a sentire che c'è qualcosa che non ti va più bene. Critichi la società, ti arrabbi per gli sperperi di Beverly, per il silicone di Pamela, per i capelli di Silvio. Serve libertà, serve espressione della fantasia. Dipingiamo? Organizziamo un concerto? Dammi la chitarra! Ecco questa è Venice. Litorale di bancarelle di sessantottini, quelli veri, camper pitturati "I'm love", piume di piccione, "blowing in the wind" parte ad ogni angolo, artisti di strada con rasta, senza scarpe, ogni strumento musicale è ammesso, ogni arma è una violazione di un modo di intendere la vita: on the road, i'm love, live in peace. Qui si si respira il love and peace nato a San Francisco e scivolato a sud sulle coste di Venice per trovare riposo eterno in questo mausoleo concordato e riconosciuto.

Sì! Quello è un pianoforte sul marciapiede...

Vi domanderete cosa ci faccio io a Venice Beach? Bè io sono uno dei più grandi sostenitori della "poetry in motion", "poesia in movimento", la pallacanestro. Perchè a basket non ci sono i goal ma i punti? Perchè è come il balletto classico diamine, si danno punti sullo stile! E un posto come Venice neanche farlo apposta sfocia in uno dei più famosi teatri di basket di strada degli Stati Uniti. Detto fatto. 7 dollari sono sufficienti per comprarmi una palla da basket che mi regala il piacere di saggiare le reti di ferri violati da giocatori di caratura NBA e oltre (si oltre, qui si tratta di basket di strada gente). God bless Venice! Anche se non c'è piazza San Marco eh?! Grazie Altissimo...

"Immagina che non ci siano proprietà,
Mi chiedo se ci riesci,
Nessuna necessità di cupidigia o fame,
Una fratellanza di uomini,
Immagina che tutti quanti
Condividano tutto il mondo...
John Lennon - Imagine - 1971

Welcome to Westwood - Bervely Hills, baby!

Il 10 settembre ha inaugurato ufficialmente il tour di L.A. che prenderà luogo per tutta la settimana seguente. Una vera e propria vacanza estiva diciamo!
La mattina l'ho passata visitando il quartiere o meglio zona di LA nella quale vivrò ovvero Westwood. Bene questo tranquillo quartiere universitario e residenziale risulta dopo quasi una settimana di girovagare il più vivibile in assoluto di questo aglomerato di città nella città che prende ben più di cento km di estensione chiamato City of Angels. Voto 9.5 pure dal giudice cinese che sappiamo tutti che è di parte. Attrattiva più grande sono alcuni cinema dove proiettano le prime dei più recenti prodotti della confinante Hollywood. Al momento i cartelloni danno per favorita "Righteous Kill" con Al Pacino e Robert De Niro. Due a caso in un posto a caso.

Il pomeriggio invece inseguendo il classico 31 dopo aver fatto 30 la meta è stata Beverly Hills! Bene allora. Americani sono. Quindi si esagera sempre e comunque. A partire dalla famosa Rodeo Drive sede di ogni marchio di alta moda, italiani in pole (neanche fosse moto gp o F1) palme ai bordi dei marciapiedi e dopo un accurato conto la bellezza di 17 Bentley continental GT in meno di tre ore (250000 euro l'una, passare alla cassa prego). Ecco habitat naturale di strisciatori di carte di credito, paese dei balocchi per i giovani figli di Newport, vetrina di ricchezza, lusso fattosi quartiere, soggetto ricordo per le fotocamere dei turisti.
Ecco qualche ritaglio di Rodeo Drive:



E come poteva mancare il più classico dei:


Day 1 - Leaving with pain

Devo dire che la partenza del 9 settembre è stata abbastanza un peso. Lasciare la mia famiglia al check-in sapendo che passerà un anno per poterla riabbracciare non è cosa facile. La valigia da appoggiare sul nastro della swiss air pesava e non poco. Portava con se non solo i 36 kg del mio bagaglio, ma anche il peso di una partenza che comporta anche distanza. Distanza dai propri cari e dai propri amici, in quel caso rappresentati fieramente da ricky che ringrazio ancora per avermi seguito fino in aeroporto.

Bene il volo. Ecco non vorrei ripetermi, ma pesante! Ovvero: zurigo è stata raggiunta in poco più di un ora. Segni particolari? Bè nella metro che collega i diversi terminal dell'aereoporto svizzero risuona orgogliosamente un nastro con registrati muggito e campanaggio di una mucca. Simbolo nazionale a tutti gli effetti al di là degli infallibili orologi. Los Angeles. 12 ore interminabili di straziante decubito su un sedile decentemente comodo. Ho visto il film "Iron Man", un documentario su Roger Federer, ascoltato "One" dei The Beatles, "Sleep through the static" di Jack Johnson, dormito e parlato. Guardo l'ora e siamo a metà volo. Bene!

Los Angeles, ore 17 locali. La prima limousine non si fa aspettare e passa davanti a me insieme a ad altre mille auto. Nessuna di quelle è lì ad aspettare me. Al contrario i 16 dollari di uno shuttle per westwood sono in dolce attesa. Traffico delle autostrade los angeline? Positivo. Rallentamenti a gògò, aria condizionata e finestrini spalancati! Welcome to the west coast!

Dopo il classico ricevimento nell'hotel che ci ospiterà fino al 20 di questo mese, io e eugenio (mio compagno di borsa - ndr) decidiamo per un primo tour serale del campus universitario. Ok, siamo su un altro pianeta. A parte che ho costatato con piacere che lo ricordavo abbastanza bene e quindi mi orientavo decentemente, le strutture da quelle didattiche a quelle sportive sono fenomenali. Ma non mi dilungo, basta che pensiate al nostro caro CUS e moltiplichiate per il conto in banca di berluska. Pazzesco eh?

Bene direi che per il primo giorno ho scritto pure troppo vi lascio con ciò che spero diventerà una consuetudine. Ho pensato di riportare qualche frase, pezzo di libro, di canzone, cartello o qualsiasi cosa che mi abbia dato un qualche spunto in quella dterminata giornata, a seconda del mio umore, del mio interesse, del caso e della volontà.

"Which way will you run
When it's always
All around you
And the feelin' lost
And found you again"

Jack Johnson - All At Once - 2008

"Yesterday, all my troubles seemed so far away
Now it looks as though they're here to stay
Oh, I believe in yesterday"

The Beatles - Yesterday - 1965

Pre-partenza

Penso che un primo post sia del tutto dovuto a ciò che probabilmente, se state leggendo questo blog, avete fatto per me. Mi riferisco a voi amici che avete preparato feste ed incontri per un ultimo saluto. Ragazzi chi mi conosce sa quanta gioia tutto questo affetto nei miei confronti mi procuri. Davvero le parole non sono sufficienti ad esprimere tutto ciò per cui il cuore batte più forte in quei momenti. Stare con la gente che amo è la mia quotidianità, sapere quello che lascio rende più difficile tagliare la corda miglia più in là. Grazie ancora.

Benvenuti

Benvenuti ragazzi!! Sotto consiglio di ricky ho pensato che forse invece di mail ed affini fosse più comodo aprire un blog dove poter inserire qualche notizia e qualche foto di questa mia avventura californiana. Quindi se avete voglia ogni tanto date un occhiata qua per avere mie notizie fresche di giornata! A presto!